Storia di una impresa familiare a Milano

A cura di Rossella Taffa

Gianpaola e Italo Taffa nel 1941

Italo Sport è stata un’impresa radicata nella storia della città di Milano, emblematica di tante iniziative che ne hanno reso e rendono vivo e pulsante il panorama economico. Italo e Gianpaola Taffa, i miei genitori, come spesso accade per queste piccole realtà, vi hanno messo qualcosa in più dell’impegno quotidiano: un misto di passione e di sensibilità, l’attaccamento alla città, al proprio mestiere e alla propria storia. L’affermazione del marchio dovette molto alla complicità che univa due persone accomunate dallo spiccato talento, dalla curiosità e dal gusto estetico.
In passato la microimpresa commerciale mescolava l’attività artigianale con la vendita al dettaglio, trovando proprio in questo connubio la sua forza. Il laboratorio, sia per l’attrezzo sia per l’abbigliamento, rappresentava quindi il punto di forza del negozio al pari di quanto avveniva per l’impresa manifatturiera.
Fu in questo contesto che Italo Taffa, trentenne, giunto a Milano da Correggioverde, un piccolo paese del Mantovano, realizzò il proprio sogno di impresa aprendo nel 1937 il suo primo negozio in via Nerino, nel centro storico. All’inizio, così raccontava mio padre, si trattò di un laboratorio, un luogo dove venivano realizzati e riparati sci da discesa e da alpinismo, racchette da tennis e bacchette da neve in bambù.

Iscrittosi lui stesso alla Canottieri Olona e al Cai, Italo praticava i suoi due sport preferiti e studiava le esigenze dei suoi potenziali clienti. Successivamente avrebbe riscoperto le sue passioni di sempre, la caccia e la pesca, anche d’altura, attività che tenne però ben separate dal suo impegno professionale.

1. Gli anni della guerra

Italo Taffa nel 1935

Italo Sport produsse, in pieno conflitto mondiale, le prime giacche a vento grazie a una partita di gabardine in colore carta da zucchero, ceduta per caso a mio padre da un amico che produceva tessuti per l’esercito. Papà diceva spesso che il vero momento creativo è quello dell’acquisto e in effetti quella pezza di tessuto gli indicò un possibile sviluppo per il futuro.

Fu a quell’epoca che i miei genitori si conobbero presso la società Canottieri Olona, un luogo in cui regna da sempre la passione per la pratica sportiva, allora frequentato da tutta la famiglia di mia madre. Giovanni Tappella, mio nonno, ne era presidente. Anche mia madre, come le sorelle Lisa e Titi, amava lo sport e in particolare il tennis e lo sci, discipline nelle quali furono all’epoca pioniere.
Quando si conobbero, Gianpaola era una giovane di vent’anni, Italo ne aveva quasi quaranta e l’attività che aveva avviata non era ancora pienamente affermata. Questi elementi indussero mio nonno Giovanni Tappella a cercare di scoraggiare la figlia, che tuttavia, fu ferma nella sua decisione. Il matrimonio venne celebrato nel febbraio del 1943.

Gianpaola Taffa nel 1940

2. Il dopoguerra e la sartoria

Italo e Gianpaola Taffa sposi

Il negozio si trasferì in via Lupetta e divenne in breve il punto di ritrovo di numerosi sportivi alla ricerca di un ritorno alla normalità. Un luogo dove nascevano nuove relazioni di amicizia, di scambio di esperienze e informazioni, ma anche di contatti che si sarebbero trasformati in duraturi rapporti di lavoro.

Ma non c’era solo lo sci, anche per le divise da scherma, la sartoria di Italo Sport era considerata la più specializzata ed era frequentata dai fratelli Mangiarotti, da Manlio Di Rosa e Giancarlo Bergamini, come da Saverio Ragno che veniva appositamente da Mestre per avere la divisa perfetta dal nostro sarto Boschetto.
Il consolidarsi dell’azienda spinse mio padre a coinvolgervi i due fratelli, Arturo e Wando, reduci dal fronte che, sebbene molto diversi, lo seguirono con grande fiducia, abbandonando il paese per la grande città.

Una delle prime novità fu l’acquisto di un mezzo per le consegne, un furgoncino che pubblicizzava il marchio Italo Sport e che, oltre ad essere uno strumento concreto di lavoro, fu anche il primo piccolo segnale di cambiamento.
Gianpaola, coniugando il gusto innato, il pragmatismo e la capacità organizzativa, divenne l’anima della sartoria, che negli anni sarebbe cresciuta fino a contare una ventina di lavoranti e due sarti. Più tardi anch’io ebbi numerose occasioni di accompagnarla a Parigi potendo così respirare l’atmosfera unica e stimolante che vi si respirava. Nel corso del tempo, la sua creatività fu sempre più raffinata e la portò a realizzare modelli unici e di grande eleganza che divennero punto di riferimento per le sportive milanesi, una clientela dotata di grande gusto, sempre esigente in termini di qualità del prodotto.

Dotati di una stessa sensibilità estetica, i miei genitori sceglievano di comune accordo i capi per le sfilate, così come quelli da produrre e, più avanti negli anni, quelli pronti da acquistare per il negozio: un’operazione molto delicata, per la quale era necessario essere aggiornati sulle ultime tendenze, avere ben chiara in mente una strategia commerciale e il budget da investire. Le settimane che precedevano la sfilata erano sempre piene di tensione: fino al momento dell’uscita delle indossatrici, come si chiamavano allora, sembrava che nulla potesse funzionare, i capi non si abbinavano, mancava un ricamo, un accessorio, un dettaglio. Poi finalmente la tensione cadeva e arrivava la soddisfazione di aver realizzato un buon lavoro. La mattina dopo erano i visi delle commesse e delle sarte a confermare che le clienti si erano già fatte vive con telefonate di prenotazione.

Molte erano le famiglie milanesi che vestivano Italo Sport, tra queste ricordo Pisapia, Panza, Calvi di Bergolo, Bonacossa, Tronchetti Provera, Prisco, Bracco, Tranquillo e Fiorella Rossi, Fulvia Levi Bianchi, Serapian, Sonzi- ni, Gavazzi, Ausenda, Schlesinger, De Gresy, Marazza. Vi erano poi i Biagi, i due fratelli Fabbri, i componenti del Quartetto Cetra, Gorni Kramer, Tony Renis e la contessa Agusta che, raffinatissima, voleva che ogni accessorio fosse realizzato nello stesso colore del completo da sci: calzamaglia, pedule, guanti, code di volpe per il collo e persino le racchette da sci.

Italo Taffa, Gianpaola e le figlie nel 1971

3. I negozi

Negozio Italo Sport 1977

Mio padre credeva molto nell’espansione dell’azienda attraverso la creazione di una piccola catena di negozi, che avrebbe garantito una maggiore scelta per i clienti e sinergia negli acquisti. L’opportunità gli venne offerta nel 1954 con un negozio in largo Santa Margherita, a pochi passi da piazza della Scala, e nel 1961 in corso Vercelli, che sarebbe diventata poi commercialmente una delle vie più importanti di Milano.
Nel 1963 il negozio di largo Santa Margherita si trasferì in via Montenapoleone, già allora la via dello shopping elegante.
Per i miei genitori, come per la gran parte degli imprenditori della stessa generazione, l’azienda era una grande famiglia che condivideva opinioni, riflessioni e anche momenti più ludici, e di cui il titolare si sentiva moralmente responsabile. Essere imprenditore comporta certamente cercare un profitto ma anche far crescere il territorio. Papà diceva che un’azienda è fatta di uomini e che per questo è fondamentale credere in quello che si fa, avere amore per la vita e rispetto per gli altri. Se convivono questi tre elementi un’impresa funziona, altrimenti i risultati saranno deludenti.

I tre negozi diventarono anche un incubatore di imprenditorialità: un esempio è Michele De Masis che, dopo quattordici anni con Italo Sport, aprì, nel 1989, un suo punto vendita ancora oggi uno dei migliori di Milano. Questo, come avrebbe detto mio padre, è il vero contributo sociale di un’impresa e la sua eredità.

Nel 1974 Italo morì improvvisamente, in una bellissima giornata di settembre, mentre era a caccia con gli amici. Quel giorno il suo cuore, già provato, cedette lasciandoci con l’unica consolazione che la sua ultima giornata era stata una giornata felice.

La responsabilità dell’azienda ricadde su noi tre, mia madre Gianpaola mantenne la direzione, io e Daniela ci dividemmo i compiti, seguendo ognuna un settore, ma coordinandoci per mantenere al meglio le prerogative che avevano sempre caratterizzato Italo Sport: la scelta accurata degli articoli proposti, il taglio originale, l’uso sapiente di tessuti tecnici e la cura dei particolari, caratteristiche vincenti e segno personale di Gianpaola, che ha trasmesso a noi “ragazze”.

Vetrina negozio Italo Sport 1960

4. Gli anni Ottanta e Novanta

La guerra dei marchi caratterizzò gli anni ottanta. Fu l’età d’oro degli stilisti, un successo supportato dalla pubblicità che portò i clienti a richiedere sempre di più capi griffati, con etichette ben visibili.

Alla fine del decennio la nascita di catene come Decathlon e Longoni portò nel mercato dell’attrezzo sportivo la corsa al prezzo a scapito della qualità, riducendo i margini di guadagno che potevano così essere sostenuti solo dall’abbigliamento. Per affrontare questa situazione, proposi l’idea di creare un gruppo di negozi con l’obiettivo, avendo più peso economico, di dialogare direttamente con le aziende produttrici, ottimizzare gli investimenti pubblicitari e scambiare informazioni sempre mantenendo alta la qualità dei prodotti al giusto prezzo. Nacquero così Gli Specialisti, che per qualche anno rappresenteranno un esperimento innovativo e positivo.

Negli stessi anni, Gianpaola e Daniela decisero di lasciare l’attività e, in considerazione del deterioramento qualitativo della zona, nel 1990 cedemmo la sede storica di via Lupetta, mentre io, pensando al progetto dei miei genitori, alle tante sfide vinte e all’eredità culturale ricevuta e accettata, scelsi di proseguire con la Italo Sport 90 in corso Vercelli. Nel 1992, memore degli insegnamenti di mio padre, aprii una succursale in viale Zara che per due anni mi permise di lavorare in modo sinergico su entrambi i punti vendita. Il commercio al dettaglio si stava evolvendo, confrontarsi con la grande distribuzione e i grandi gruppi richiedeva investimenti e cambiamenti radicali, nel 1996 presi quindi la decisione di chiudere definitivamente.